Dott. Maurizio Mignani*, Dott.ssa Francesca Esposito**, Dott.ssa Camilla Preda**
*Igienista, Master presso l'Istituto Stomatologico Toscano.
** Igienista, Università degli Studi di Pavia, Dottorandi presso l'Istituto Stomatologico Toscano.

Introduzione
La seduta d’igiene orale professionale ha lo scopo di favorire l’eubiosi del cavo orale andando a rimuovere il biofilm batterico, ricreando un equilibrio microbiologico e supportando il paziente nella sua igiene orale domiciliare.
Motivazione e istruzioni d’igiene orale permettono al paziente di mantenere un comportamento corretto per la salute orale mediante spazzolini sonici e strumenti manuali interdetali. Durante la seduta professionale di One-stage Full Mouth Disinfection, il polishing, step successivo alla strumentazione ultrasonica/sonica, ha l’obiettivo di rimuovere lo strato di biofilm ed eventuali macchie estrinseche presenti sulla superficie dentale rendendola liscia e lucida.
Il procedimento di polishing, o lucidatura, può essere svolto mediante l’utilizzo di spazzolini con l’aggiunta di paste più o meno abrasive montati sui micromotori dei riuniti odontoiatrici, oppure tramite l’utilizzo di polveri, anch’esse più o meno abrasive, veicolate sulle superfici dentali da un getto aria/acqua. Questa seconda metodica è sempre più diffusa in ambito clinico e supportata da evidenze scientifiche.
Nel corso della vita, una persona, può andare incontro a cure conservative, cure protesiche di elementi singoli o più elementi, fino alla riabilitazione implanto-protesiche. Questi interventi comportano l’utilizzo di materiali che poi saranno esposti alla saliva e alle altre sostanze con cui normalmente vengono a contatto gli elementi dentari naturali. In particolare, la connessione implantare, le protesi, le ricostruzioni conservative vengono a contatto anche con le polveri utilizzate dai professionisti durante il deplaquing.
Ciò pone il quesito di come si comportano i materiali dentali sottoposti a tale procedimento. Il passaggio delle polveri modifica la superficie andandola ad alterare e quindi rendendola più ruvida e di conseguenza soggetta a una più rapida colonizzazione da parte del biofilm batterico?
Il Dott. Maurizio Mignani, durante il master universitario di I livello in “Igiene Orale ad indirizzi Implantare, Parodontale, Estetico e Ortodontico” ha svolto un lavoro di tesi in collaborazione con un laboratorio di Bologna e la Prof.ssa Anna Maria Genovesi con l’obiettivo di studiare l’effetto di alcune polveri usate per l’air-polishing sui materiali odontoiatrici andando a osservare la superficie pre e post trattamento tramite immagini scattate con il microscopio a scansione elettronica (SEM).
Il master universitario è gestito ogni anno dall’Istituto Stomatologico Toscano dove si svolgono delle lezioni teoriche/pratiche e il tesista è seguito da vari tutor durante tutto l’anno, come il Dr. Saverio Cosola, il Dr. Giacomo Oldoini.

Materiali e metodi
Per il test è stato utilizzato un manipolo per air-polishing montato sulla faretra del riunito impiegato alla massima potenza dell’aria compressa e con il flusso dell’acqua aperto al massimo.
L’inserto è stato posizionato ad una distanza di 3 mm dalla superficie della mattonella test e con un inclinazione di 70° per 5 secondi.
Nel test sono state utilizzate due famiglie diverse di polveri per air-polshing: Glicina e Trealosio; di ambedue le polveri sono state usate due granulometrie diverse. Per la glicina si sono utilizzate le granulometrie di ~65 µm e di ~25 µm, per il trealosio quella di ~65 µm e quella di ~30 µm. Clinicamente le granulometrie maggiori si utilizzano sopragengiva mentre quelle più piccole hanno impiego prevalentemente sottogengivale.
Sono state prodotte 4 mattonelle per ogni materiale da testare con superficie compresa tra 0,5 e 1 cm² per un totale di 28 campioni. La superficie grezza è stata lucidata con un gommino montato su un micromotore. I materiali testati sono stati (Fig. 1):
- Resine composite;
- Resine composite da laboratorio;
- Disilicato di litio;
- Ceramica feldspatica;
- Cromo-cobalto;
- Zirconia;
- Titanio.

Per analizzare e scattare le immagini al microscopio a scansione elettronica i campioni non metallici sono stati ricoperti da un microstraro di metallo (couting).
Esecuzione: 
1. Catalogazione mattonelle (materiale e polvere cui sarà sottoposta);
2. T0 = Acquisizione immagini e selezione;
3. Esecuzione del test (da ripetere a ogni mattonella);
4. T1 = Acquisizione immagini post trattamento e selezione;
5. Confronto immagini e valutazione.

Discussione #tab. 1#
Su 28 confronti in 2 paragoni, un disilicato di litio e una ceramica feldspatica (mattonelle 8 e 16), non è stato possibile dare una valutazione perché le immagini non sono interpretabili.
Escludendo le due sopra citate delle altre 26 immagini confrontate su 18 campioni non c’è lesione della superficie e sono rappresentate dai campioni di ceramica feldspatica, cromo-cobalto, zirconia e titanio. Su 8 immagini a T1 si nota una modifica della superficie. Per i campioni delle mattonelle 1, 4 e 11 è stata più complessa la valutazione. Sulle mattonelle 1 e 4 si osserva una lesione simile a un’abrasione, una lezione concava simile a un’ammaccatura sui campioni 5, 6, 7, 11 e, sulle mattonelle 10 e 12 ci sono una serie di solchi simili a graffi. Il materiale ha reagito in modo differente all’esposizione delle polveri, la resina composita ha subito un’abrasione, il composito da laboratorio si è ammaccato, il disilicato di litio si è graffiato e in un caso ammaccato. La tipologia della polvere e granulometria utilizzata non influisce sulla lesione osservata poiché come detto queste si sono presentate con trealosio e glicina sia di 65 µ che di 25/30 µ. La modifica si può attribuire all’impatto della miscela aria/polvere/acqua o era già presente sulla superficie grezza del materiale? 
Come detto la superficie è stata preparata passando un gommino da lucidatura che probabilmente non ha eliminato tutte le imperfezioni, dubbio dato dalla presenza di una concavità negli scatti sia in T0 che in T1 sulle mattonelle di zirconia n. 21, 22 e 23 per cui non sono state valutate come lesionate (Tab. 1).
A seguire alcune immagini rappresentative dei confronti T0/T1. In ordine troveremo: Resina composita (Fig. 2), Composito da laboratorio (Fig. 3), Disilicato di litio (Fig. 4), Ceramica feldspatica (Fig. 5), Cromo-cobalto (Fig. 6), Zirconia (Fig. 7) e Titanio (Fig. 8) a 65 µm.
In fase di valutazione e confronto delle immagini si sono notati dei BIAS, che rendono il test difficilmente ripetibile.
- Superfici non uniformi;
- La durata dell’esposizione non regolata elettronicamente;
- Osservazione visiva e non strumentale della superficie;
- Immagini paragonate con ingrandimenti e scale non sempre uguali;
- Mancanza di punti di riferimento in T0 e T1 per capire di valutare la stessa area.

Conclusioni
In conclusione dallo studio è emersa un’equivalenza di risultato fra Trealosio e Glicina. 18 campioni su 26 non hanno prodotto modifiche morfologiche alla superficie dei campioni, in 8 casi, invece, i campioni hanno subito lesioni con entrambe le polveri a prescindere dalla granulometria utilizzata. Ne deriva che la granulometria non influenza negativamente la superficie del campione e probabilmente la causa può essere ricondotta alla vicinanza del device.
Le immagini fatte al microscopio a scansione elettronica hanno dimostrato che la superficie dei campioni di composito e disilicato di litio si modifica allorquando il device è utilizzato:
- A 3 mm di distanza;
- Con un’inclinazione di 70°;
- In maniera statica.
Le medesime modalità di utilizzo del device sui campioni di ceramica feldspatica, cromo-cobalto, zirconia e titanio è ininfluente. Non si può escludere a priori l’utilizzo delle polveri, per rimuovere biofilm e macchie estrinseche su compositi e disilicati, ma l’esito del mio test dimostra che bisogna porre attenzione alla distanza, all’inclinazione e al movimento.
Per capire che effetto potrebbe verificarsi sull’adesione del biofilm ai materiali sarebbe opportuno eseguire studi più approfonditi, valutando forse più la rugosità della superficie dopo l’esposizione all’air-polishing, piuttosto che osservare la sola modifica delle superfici. Infatti, se ci fosse corrispondenza tra modifica della superficie e aumento di ruvidità, allora l’adesione del biofilm potrebbe essere favorita dai materiali resi placca ritentivi e ciò innescherebbe patologie placca correlate.
Le polveri sopra e sottogengivali utilizzate per rimuovere biofilm, macchie estrinseche e lucidare i materiali utilizzati in odontoiatria possono essere considerare sicure, ma è necessario comunque porre attenzione alla distanza, all’inclinazione con un occhio di riguardo particolarmente in caso di compositi e disilicati di litio.

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